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martedì 9 maggio 2017

Musica italiana: l'attacco di Giorgio Gaber al caso "Aldo Moro".

Musica italiana: compertina di "Io se fossi Dio" di Giorgio Gaber".
Musica italiana: compertina di "Io se fossi Dio" di Giorgio Gaber".
Oggi 9 maggio, come ogni anno si ricorda la triste vicenda della morte del Presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro, che il 9 maggio 1978, dopo 55 giorni di prigionia, fu ritrovato senza vita in una Renault rossa in "Via Caetani" a Roma.
In un' Italia dilaniata da mafia e Brigate Rosse, la morte di Aldo Moro per mano di queste ultime segna un momento buio della storia italiana che alcuni grandi artisti non hanno esitato a tradurre in musica.
Tra questi un grande della musica italiana, Giorgio Gaber, ha infatti "studiato" da vicino il caso Moro, parafrasando la triste realtà in cui riversava l'Italia in una canzone dura e cruda.
In "Io se fossi Dio", Gaber manifestò un duro attacco alla politica corrotta ed ipocrita, quella a cui inevitabilmente apparteneva anche Aldo Moro; un attacco tale da costringere Gaber a produrre il singolo in formato 12" e a cercare un'etichetta indipendente per evitare che per un solo brano venisse sequestrato l'intero LP.
Una delle strofe della canzone recita così:


"Io se fossi Dio
quel Dio di cui ho bisogno come di un miraggio,
c'avrei ancora il coraggio di continuare a dire
che Aldo Moro insieme a tutta la democrazia cristiana
è il responsabile maggiore di trent'anni di cancrena italiana.
Io se fossi Dio
un Dio incosciente enormemente saggio,
avrei anche il coraggio di andare dritto in galera,
ma vorrei dire che Aldo Moro resta ancora
quella faccia che era".

Con questa canzone Gaber non volle ovviamente giustificare l'azione terroristica delle Brigate Rosse, che provocò in lui, come in tutta Italia, tristezza e sgomento. L'obiettivo era invece quello di porre l'accento sull'assurdità di ogni elemento della società italiana, impregnata di corruzione ed ipocrisia. Ipocrisia manifestata anche dalla stampa e politica italiana, che solo dopo la morte di Moro non esitò a dipingerlo come il più grande statista dal dopoguerra; da notare come prima, invece, venisse considerato e descritto in ben altro modo dagli stessi critici e avversari che improvvisamente tessevano le lodi di un Aldo Moro assassinato per mano delle Brigate Rosse, vittima di un sistema politico corrotto, compromesso e dilaniato.